Tutto è il contrario di quel che appare ma dimostra un realismo crudo e onesto. Il finale ne racchiude il senso in una istantanea da sempre attuale.
Il film è una produzione statunitense del 1974, fu diretto da Robert Altman e il titolo originale era “California Split”.
Trama di una finzione o film verità?
La storia ti avvolge subito, il copione è uno spaccato di talune realtà. Bill Denny e Charlie Waters sono una coppia di “amici obbligati”, si possono definire tali poiché legati dall’indissolubile vincolo dell’azzardo. La frequentazione parte nelle sale da poker e si alimenta delle tante scommesse perse insieme. Bill è il classico giornalista alla canna del gas, divorziato dalla moglie e perseguitato dai debiti che ha sparso intorno a sé. Charlie è quello più avvezzo a vivere alla giornata, logorroico e apparentemente sbruffone.
Barbara e Susan sono due ragazze altrettanto alla deriva con le quali Bill e Charlie si concedono qualche pausa, tutto il resto per i due amici è solo gioco e sconfitta. Tra furti delle poche vincite e aggressioni subite, i due compagni di gioco danno una nuova svolta alle loro vite. Tutto parte da una sensazione di Bill, egli avverte l’arrivo del momento giusto e vende tutto quel che gli resta per tentare il grande colpo alla fortuna. I due partono alla volta di Reno, la sensazione trova la conferma in una serata che darà la svolta alla loro fortuna.
Vita da casinò, l’ambientazione che contagia
Agli antipodi con la poetica storia del Casinò di Sanremo, il genio del regista Robert Altman scatta una fotografia in grado di essere reale anche oggi come negli anni Settanta del gioco negli States. Le atmosfere sono quelle che stimolano nel profondo il giocatore puro, gli stacchi continui nelle inquadrature della macchina da presa e i primi piani ti trasmettono le sensazioni veloci ma intense del gioco d’azzardo. L’adrenalina affidata alle chips nel bet di Poker, l’intensità degli sguardi che seguono i dadi nel Craps sono condensati in un continuo susseguirsi tra le scene e i perfetti tempi morti.
L’atmosfera è quella che ti ispira la pura voglia di giocare, la descrizione delle azioni è anche più forte nell’uso strategico delle controfigure. Le voci nella sala, la folla che esulta, le espressioni di chi perde sono gli aspetti che la fotografia congela in uno spaccato reale della passione giocata. Non rimane che lo spazio per gli ambienti che si distinguono per le linee iconiche e dal fascino intramontabile degli anni Settanta. L’abbigliamento, i colori e gli arredi sono lontani anni luce da quelli attuali ma raccontano una vita diversa nella forma e attuale nella sostanza.
Quando la passione supera la voglia di vincere
“È inutile arrabbiarsi, questo è un gioco! Una volta vinco io e una volta perde lei…” è tra le battute che più rimangono attaccate, l’euforia è quella della vittoria ma è calcolata poiché il senso del film ci vuole portare anche oltre. In 108 minuti la pellicola ti regala degli spaccati di gioco dalla particolare intensità: laddove i tanti si concentrano sul dipanarsi della trama, il puro gambler ne trae una descrizione aderente della attrazione che il tavolo verde esercita nei confronti del vero giocatore. Alcune scene lo trasmettono in modo particolare.
Il riflessivo Bill siede al bancone del bar e osserva incurante del mondo intorno, la macchina stacca per passare sul tavolo da poker. Ecco, qui ci vedi una vera antologia cinematografica del gioco. La scelta dei figuranti non è casuale, le posizioni sono perfette così come le scelte di costume. Ogni dettaglio è curato per trasferire una fotografia reale. Qui il richiamo attrae con la forza di un magnete, il dealer prepara la mano e i due personaggi assaporano il gusto del contatto con le carte. Gli sguardi sono quelli delle interpretazioni magistrali di George Segal ed Elliott Gould, l’istinto prevale sulla voglia di vincere.
Racconta molto più di quel che appare
La svolta nella vita potrebbe arrivare ma non sempre è un finale scontato, eppure la sensazione di Bill alla fine trova il suo riscontro. Le mani fortunate si susseguono ad accompagnare una sorte che finalmente bacia anche i perdenti. Qui il lieto fine può apparire un tantino forzato ma poi ti accorgi che è lo stratagemma che accompagna il finale. Charlie esulta in preda a un quasi delirio della vittoria, 82mila dollari sono la cifra che finalmente concede una svolta alle loro vite. A Bill e alla sua riflessiva malinconia è affidato il senso più profondo della storia.
Non ha provato l’emozione, Bill l’ha inseguita e ha immolato la sua esistenza alla ricerca di una svolta che arriva e lo lascia a secco del significato. Qui c’è il vero senso di un gioco che entra nel DNA del puro giocatore, se ne impossessa e può arrivare a privarlo del senso più profondo. Il gioco diviene passione e attrazione al tempo stesso, perdere o vincere sembra non fare la differenza quando il vero scopo è il contatto con l’atmosfera del tavolo verde. La sua riflessione si dimostra liberatoria, il gioco lo ha visto perdente ma da vincitore è lui a prevalere finalmente sul vero senso dell’azzardo.
Cinema e gambling, la critica su California Poker
È il film che ogni giocatore dovrebbe vedere almeno una volta, lo spaccato sul mondo del gioco è un inno all’equilibrio nella passione. Questa è una pellicola che ci sta particolarmente a cuore, la vivi nelle descrizioni proprio perché rivivi la reale atmosfera del tavolo verde. La pellicola racconta dei personaggi e delle loro speranze ma risuona delle atmosfere che richiamano quelle del gioco reale, mancano gli effetti speciali dei giorni nostri ma rimane l’essenza di una passione. Crudo ma educativo, California poker è il film che esce dagli schemi per risuonare quale inno all’equilibrio nel gioco.