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Inserita:
17 ore fa, Satori ha scritto:

 il mondo in sé, è duale, o tale diventa solo a seguito e come conseguenza dell’azione discriminatrice della mente? ( E la mente fa parte del mondo che sta rappresentando, oppure è altro?). Se ne fa parte, come può liberarsi dal laccio dell'autoreferenzialità? Se non ne fa parte, cos'è, visto che non è un "oggetto" del mondo?

 

Mi fai domande semplici, dalle difficili risposte. Secondo me il mondo tale diventa a seguito dell'azione della nostra mente, ma già fiuto la trappola.. in ogni caso non riesco ad immaginare un mondo che prescinda dal linguaggio.

Inserita: (modificato)

J-J, di che trappola parli, ti sembro un cacciatore?

Nella trappola ci sei dentro, invece; ricorda, non devi mai credermi sulla fiducia. Ti mostro la trappola, partendo da ciò che tu stesso hai affermato.

in ogni caso non riesco ad immaginare un mondo che prescinda dal linguaggio.

Se è così, e temo che lo sia, tu sei, proprio nella definizione, un perfetto alienato. E cazz, no, dirai, dimmi almeno “alienato” da cosa? Ed io: ma J-J caro, tu lo hai detto, non puoi immaginare (magari volevi dire “concepire”) il mondo che prescinde dal linguaggio. Ma scusa, vai al ristorante per mangiare cosa, il menù o una pietanza? Viaggiare è stare incollati a una mappa, o scorrazzare per qualche territorio? Quando ti incazzi, succede perché pensi “sono incazzato”, oppure, se sei incazzato davvero, solo dopo pensi di essere stato incazzato? Eppure ti avevo messo in guardia, scrivendo chiaramente cosa è il linguaggio e cosa serve. Questo:

…i termini del linguaggio, le parole, che non sono altro che astrazioni di cose e processi, per distinguersi da altre parole ed altre cose/processi, debbono necessariamente essere definite. Ossia, debbono essere dei contenitori, come la cornice di un quadro o una borsa, dentro cui ci sta un tot e non più di un tot. Ne consegue che il linguaggio può essere definito un processo di astrazione, da un mondo finito, di enti/processi finiti…

 

Linguaggio e astrazione sono la medesima cosa, salvo, caro J-J, che tu non riesca a bere la parola acqua. Vedi, ti ho appena fatto toccare il secondo livello, impossibile da concepire se qualcuno non insiste nel farti “guardare”, del condizionamento sociale. Credimi, non si tratta di intelligenza, ho visto molte volte persone intelligentissime non riuscire a cogliere questo punto. La nostra cultura è una macchina, soprattutto nel sistema scolastico, volta a costruire altre macchine, la cui finalità è eccellere nel processo di astrazione. L’”intellettuale”, in questa accezione, è un poveretto nel quale questo talento ha raggiunto la massima efficienza. E’ una macchina che produce pensieri. Se mi hai seguito (cosa, spero, non difficilissima, giacché si tratta soltanto di capire i termini del discorso), ti apparirà chiaro che, oggi, sono molto meno alienati coloro che vivono di natura (e non sono stati intossicati dalla TV), che tutti i premi Nobel messi assieme.

Tu, letteralmente, J-J, vivi in un sogno, fatto di astrazioni, dalle quali non potrai mai liberarti per mezzo di altre astrazioni (linguaggio); l’uso “colto” delle quali, anzi, ti farà sempre più sprofondare nei pantani della rappresentazione. Hypnos, il dio greco dei sogni, è anche il signore delle illusioni. La figura moderna dell’intellettuale, pertanto, somma in sé il massimo dell’alienazione e dell’illusione. E’ colui che pensa per professione, e vive lassù in cima ad una piramide i cui livelli sono costituiti da sistemi di astrazioni sempre più sofisticati, sempre più lontani dalla, letteralmente, non nominabilità dell’esperienza reale. Immagina un soggetto che per la prima volta produce un enunciato (ossia astrae qualcosa dal mondo reale); poi lui stesso o altri commenta questo enunciato; altri commentano gli enunciati sugli enunciati. Si forma qualcosa come un libro, su cui si scriveranno altri libri, e si forma una biblioteca. Poi un’altra biblioteca a commento della prima; poi, catene e piani di biblioteche; poi piramidi.

Ora, persino chi controlla gli archivi di tutte le biblioteche, finisce per essere uno schiavo dell’intero sistema; anzi, apparente paradosso, il primo degli schiavi.

Noi siamo schiavi docili e inconsapevoli di questo padrone totalizzante: ci svegliamo, e immediatamente, compulsivamente, cominciamo a pensare, di tutto. La spesa > l’Euro > la mamma > la marmellata > quello stronzo di Enzino che mio rubava il panino al liceo (che si sovrappone a) Carmen con le cosce di burro > azz, la multa > faccio tardi al lavoro > bastardi ci stanno fregando > ho paura … ecc… E così tutto il giorno; poi si fa notte, e il processo di rappresentazione muta, e si sogna. Ma sei sempre passivo, salvo tu non sogni a comando.

Sei pensato, J-J, non sei neppure tu a pensare; fossi tu, potresti smettere quando vuoi. Provaci! Uno strumento, il pensiero, utilissimo per scopi pratici, si è trasformato nel nostro padrone. E siccome il pensiero è uno strumento per la rappresentazione del mondo, non sei tu a rappresentarlo, ma è esso che ti impone la sua rappresentazione.

Queste, le cattive notizie. Se fai il bravo seguono quelle buone.

    

 

 

 

 

Modificato: da Satori
Inserita:
38 minuti fa, Satori ha scritto:

Se è così, e temo che lo sia, tu sei, proprio nella definizione, un perfetto alienato

Rileggerò con calma, come al solito, di notte. Per adesso mi salta all'occhio che non sei il primo utente di questo forum che me lo dice nel giro di poche ore...
 

Inserita: (modificato)
1 ora fa, jackjoliet ha scritto:

Rileggerò con calma, come al solito, di notte. Per adesso mi salta all'occhio che non sei il primo utente di questo forum che me lo dice nel giro di poche ore...
 

Ah ah ah!!!

Ovviamente, alienati lo siamo tutti, salvo coloro che hanno percorso interamente il cammino, e la cui mente si è estinta nella sola Mente.

"Esausta è la vita, percorsa la Via, non esiste più questo mondo. E' stato fatto ciò che doveva essere fatto".

Secondo la Tradizione, pare siano state le parole del Buddha, sotto l'albero  MahaBodhi, una volta conseguita l'Illuminazione.

Altri tempi, non c'erano fasce orarie.

 

Modificato: da Satori
Inserita:

@Rafelnikov.

Non posso contraddirti, né avrei ragione per farlo. Né tu, né io, né chiunque, può dire la parola ultima sulla natura umana. Ed è perfino difficile discutere del bene e del male. Ma la nostra natura ci impone di farlo, ci obbliga a discernere, non ci lascia liberi di non discriminare. La difficoltà, tuttavia, sta nella corretta considerazione dei dettagli, non nella valutazione delle questioni di principio. In queste, la differenza tra bene male dovrebbe risultare evidente ad ogni mente non malata.

Nessuno conosce le cose a venire; ma è impossibile non sentire l’aria di fine epoca. Scrivo su questo Forum da 10 anni, e più di uno può testimoniare che, su temi sociali di carattere generale, non c’è stata una mia sola previsione sbagliata.

Questo specifico assetto culturale e sociale, e tutti i segnali (ultima, la grottesca, ossia, tragica e assieme comica questione del Coronavirus) convergono nella medesima direzione, si sta velocissimamente avviando verso la propria autodistruzione. Motus in fine velocior. Ciò che mi lascia attonito non è per nulla questo fatto di pr sé, quanto che, tuttora, pochissime persone si rendono conto che un mondo sta per scomparire: il loro mondo, di sicuro non il mio. Ho usato l’articolo indeterminativo “un”, non il determinativo “il”. E mi viene in mente una di quelle sentenze, letta decenni fa, che ti rimane impressa e ti accompagna per tutta la vita: “La fine di un mondo non è, e non può non essere, se non la fine di un’illusione”. Non cito l’autore, ne ho parlato anche di recente, è uno dei miei Maestri.

Hai rilevato tu stesso, tramite le parole illuminate di Dostoevskij, che a noi non è dato sottrarci al nostro carico di sofferenza. Lo so, e abbasso gli occhi. Lo so, e dico così sia.

E il mio pensiero va ad un uomo, in un campo di ulivi, sperduto fino all’ultimo termine concepibile della desolazione, un uomo nato innocente e morto innocente; cui viene mostrato un destino di sofferenza, una morte ed un’agonia tra le più terrificanti. Proprio perché innocente.

Dopo aver pianto lacrime di sangue, quell’uomo pronuncia un amen che squarcia la Storia; e compie il suo destino.

Noi, a almeno quelli tra di noi che non hanno perso l’Intelletto, sanno che non resta altra scelta che pronunciare, a nostra volta amen.

Tuttavia, tra noi e quell’uomo passa una differenza: Lui era Dio fatto uomo; a noi va bene se siamo mucchietti di polvere.

P.s.

Messa così non torna, la sproporzione è incommensurabile; a meno che Giovanni 1, 14, non ha il significato che gli viene attribuito; a partire dalla traduzione, sia dal latino che dal greco (del testo non vi è radice aramaica). Et Verbum caro factum est et habitavit in nobis.  In effetti, la traduzione contiene un errore marchiano. Si è trasformato il complemento di stato in luogo del testo originale (precisamente, stato dentro un luogo), ossia “in + ablativo”, che significa “dentro”; in un’altra tipologia dello stesso complemento di luogo, ossia “in mezzo a”, che, grammaticalmente, deve essere reso con “inter + accusativo”. Si fa cioè diventare “dentro di noi”, “in mezzo a noi”. “Dentro di noi” è in nobis (come nel testo originale); “in mezzo noi” avrebbe dovuto essere reso con “inter nos”. Qui non si tratta solo di un madornale errore di grammatica; la questione è che, a seguito di questo errore, il significato di tutto il Vangelo cambia completamente. Ma questo, ci porterebbe davvero troppo lontano.

In ogni caso, questa è un’anteprima mondiale, certa, vera, ed inconfutabile.  

  

 

Inserita: (modificato)
3 ore fa, Satori ha scritto:

La fine di un mondo non è, e non può non essere, se non la fine di un’illusione”.

Una verità consolante.............questa citazione di Guénon mi ha ricordato l'ultima discussione che abbiamo avuto qualche anno fa dove ho avuto modo di conoscere questo autore grazie a te apprezzandone così la sua  lucidità. Riporto di seguito il link perché resta interessante............

Scienza, conoscenza e realtà

Non sono dispiaciuto che un certo mondo scomparirà. Forse è anche troppo tardi.

Questa crisi se non ci distruggerà fisicamente potrebbe avere una funzione catartica sull'animo umano e riportare un ritorno ad una realtà più sopportabile rinforzando le nostre illusioni.

Interessante la tua anteprima mondiale, in ogni caso non ho mai compreso il significato di quel sacrificio volendo andare oltre la testimonianza del vangelo stesso.Una mia profonda incapacità. Ovviamente non è una bestemmia e non è mia intenzione offendere la sensibilità di nessuno, mi sono chiare le motivazioni dovute alla redenzione degli uomini. Purtroppo non mi sono bastate.   

Alla prossima, Raf

Modificato: da Rafelnikov
Inserita:

Capperi, ricordavo vagamente quella discussione. Interessante! Anni addietro ho frequentato, quasi sempre da osservatore, un paio di Forum di filosofia. Una noia mortale, un balletto di cattedre, una corsa a chi si superava in difficilese, una parata di primedonne. Ed infatti ho lasciato perdere.

Quello che ci siamo scambiati, almeno, se solo si legge con un po' di attenzione, lo capiscoo tutti.

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Inserita:
Il 13/3/2020 alle 18:13 , Satori ha scritto:

Immagina un soggetto che per la prima volta produce un enunciato (ossia astrae qualcosa dal mondo reale); poi lui stesso o altri commenta questo enunciato; altri commentano gli enunciati sugli enunciati. Si forma qualcosa come un libro, su cui si scriveranno altri libri, e si forma una biblioteca. Poi un’altra biblioteca a commento della prima; poi, catene e piani di biblioteche; poi piramidi.

E' un pò ciò che stiamo facendo io e J-J  e magari altri, quando cerchiamo di comprendere ciò che dici usando le parole (astrazioni)  scrivendo i tuoi post, e noi col pensiero elaboriamo altri concetti  parole/astrazioni che porteranno ad altri concetti parole astrazioni, magari diventeremo più intellettuali, più evoluti ma è come lavare il sangue col sangue, non se ne esce da quello che chiami "padrone totalizzante" che presumo sia la mente.  Allora ha ragione J-J non si può concepire il mondo senza linguaggio, ma si può concepire un mondo.

Il 13/3/2020 alle 18:13 , Satori ha scritto:

Queste, le cattive notizie. Se fai il bravo seguono quelle buone.

Attendo anche io quelle buone

Inserita:
3 ore fa, Dstrange ha scritto:

E' un pò ciò che stiamo facendo io e J-J 

Dstrange non mettermi in mezzo. Magari è quello che stai facendo tu.. io mi limito a non capirci niente 😂

Inserita: (modificato)

Dstrange, ho i polpastrelli quasi paralizzati sulla tastiera... Davvero è così difficile, anzi, pare, impossibile, capire che le mappe (linguaggio) sono utili, ma non sono il territorio!!! Davvero è così difficile, anzi pare impossibile capire che al ristorante non si mangia una rappresentazione del cibo, ma ... ... ... (al massimo gnam, gnam, gnam), che tale rimane e tale ti nutre anche se non lo chiami in alcun modo??? Quando non sapevi parlare, e non avevi la più pallida idea che i suoni che sentivi fossero linguaggio, quando, cioè, non "concepivi" - che vuol dire riducevi a concetto, ossia ad astrazione, il mondo - tu e il mondo smettevate di esistere???  Se la risposta è sì, se tu e J-J sostenete che tu, lui, e il mondo non esistevate prima che tu e lui avreste imparato a nominarlo, caro Dstrange e caro J-J, lo ammetto, ci sono cascato, mi state prendendo per il backside. Se invece, cosa stra-ultra-super-mega ovvia, ammettere che voi e il mondo eravate anche senza la vostra capacità di nominarlo, appare stra-ultra-super-mega ovvio che il mondo, l'esperienza, la capacità di vederlo, non scompaiono se ve ne state zitti.

Quanto mi scrivi, ed il silenzio attonito di J-J, mi fa capire che il potere ipnoide delle parole è ancora maggiore di quanto io stesso vado scrivendo. Ma secondo, te, secondo J-J, e secondo le centinaia di migliaia e decine di migliaia di persone che seguono questa discussione, per quale ragione, nei millenni, il massimo assoluto dell’aspirazione degli esponenti più qualificati di tutte le culture della Terra è stato (semplifico, ma il succo è quello) riuscire a sedere in silenzio assoluto, fissando la parete difronte? In attesa di una risposta, anticipo la mia: hanno cercato di liberarsi di una malattia; che consiste nella compulsione psicopatica alla concettualizzane coatta; ossia al confondere sempre/comunque/a prescindere/ed in assenza di alternative, il nome della cosa così chiamata con quella cosa (che esiste tranquillamente, anche se tu non le attribuisci un nome).   

Ebbene, se io devo fare un uso sociale di quella cosa, oppure un uso speculativo (notare bene l’etimo: viene da speculum, ossia specchio. Gli specchi riflettono, ma non sono la cosa riflessa!!!), solo allora, e non dopo di allora, devo necessariamente ricorrere alla nominabilità, alla grammaticabilità, ergo, al linguaggio. Non è ancora chiaro? Linguaggio e grammatica, cosa ho detto innumerevoli volte, sono strumenti, come lo sono, in modo perfettamente analogo, chiodo e martello, e come lo è tutta la sfera della ratio-dianonia. Ora, rivolto a J-J che “si limita a non capire”, cosa c’è di non comprensibile nel fatto che, se devo attaccare un quadro, posso meditare finché voglio, posso fare anni di Soto Zen, ma il quadro non si attacca da solo. Per farlo, devo utilizzare gli strumenti giusti, chiodo e martello; faccio toc toc e ancora toc, e il, quadro è al suo posto. Ma, se poi continuo a fare toc toc, qui e là, col martello, e continuo a fare tutta la vita toc toc, in assenza di quadri da attaccare, amico J-J, amico Dstrange, amici che seguite silenziosi la discussione, che dite, sono pazzo o sono scemo? E la stessa cosa, precisa, sputata, identica, è col linguaggio; lo si usa per scopi pratici o speculativi, per la soluzione di determinati problemi, dopo di che, se non siamo pazzi o scemi, lo si ripone e si lascia riposare la mente. Ecco, come può non essere chiaro e comprensibile a chiunque, che questo stato, la mente silente, è innominabile, inclassificabile; ed è ciò, il bene più prezioso, di cui questa cultura e questa società mefitica, questo sistema scolastico producischiavi, la TV, la radio, la musica perpetua con la quale si intontisce la coscienza, vi ha derubato.

Qual è il punto non chiaro, il punto poco comprensibile, di questa cosa abbagliante come il sole?

Ben altro discorso, è se mi si chiede come fare per ridurre al silenzio la grancassa che ininterrotta, senza tregua, dalla mattina alla sera, e pure mentre si sogna, sconquassa la mente. Ma questo è un altro discorso, che non ha senso fare se prima non si capisce di essere molto, molto, malati.

Dstrange scrive questo:

“…quello che chiami "padrone totalizzante" che presumo sia la mente…”

 

Presumi male, mai detta una cosa simile; il padrone totalizzante è l’impero, sulla purezza originaria della Mente, dell’artificiosità culturale, che la intossica senza tregua e compulsivamente. Ho scritto chiaro che i più alienati di tutti sono i cosiddetti intellettuali, i pensatori di professione, le macchine per pensare; che sono in realtà, come dei palloni aerostatici di simboli verbali e di formule, attaccati al moncherino di ciò che una volta furono come esseri umani. Grottesco e mostruoso è che costoro sono additati come ideali da perseguire. Manicomio!!! Vedo che, purtroppo, per quanto mi sforzi di essere chiaro, mi si legge con scarsa attenzione.

Chi non torna bambino, non entrerà nel Regno dei Cieli”. I preti, la più sciagurata delle razze, non hanno la minima idea di cosa significhi; lo sto spiegando.  Chi obbietta che non intende rim-bambi(ni)re, non è fatto per questa discussione. Ho chiesto a J-J di meditare sulla differenza tra ante/pre logico-linguistico (infanzia), e a/post logico-linguistico (maturità, quella vera). Non si tratta per nulla di rim-bam(bi)nire, ma di realizzare la compiuta maturità umana; nella saggezza e nella compostezza di chi, imparata l’arte, l’ha messa da parte (usandola quando, e solo se, serve).

Per Esiodo, l'alternativa al mancato compimento della propria umanità, ossia al non essersi risvegliati dal sonno, è lo "spegnersi senza gloria nell'Ade". Il mondo delle ombre visitato da Ulisse ed Enea, un regno di morti buio e vuoto di colori, popolato di anime erranti che faticano a ricordare il proprio nome, tra spettrali asfodeli, e melmose paludi. Senza uscita.

 

Modificato: da Satori
Inserita:
Il 13/3/2020 alle 18:13 , Satori ha scritto:

Noi siamo schiavi docili e inconsapevoli di questo padrone totalizzante: ci svegliamo, e immediatamente, compulsivamente, cominciamo a pensare, di tutto. La spesa > l’Euro > la mamma > la marmellata > quello stronzo di Enzino che mio rubava il panino al liceo (che si sovrappone a) Carmen con le cosce di burro > azz, la multa > faccio tardi al lavoro > bastardi ci stanno fregando > ho paura … ecc…

Tu scrivi quanto sopra e rispondi quanto sotto

1 ora fa, Satori ha scritto:

Dstrange scrive questo:

“…quello che chiami "padrone totalizzante" che presumo sia la mente…”

 

Presumi male, mai detta una cosa simile; il padrone totalizzante è l’impero, sulla purezza originaria della Mente, dell’artificiosità culturale, che la intossicasenza tregua e compulsivamente

Ma allora cosa ci fa pensare al di tutto che dici , spesa , euro mamma ecc, se non la mente? Magari avrei dovuto scrivere mente intossicata ma lo avevo dato per scontato. Ho sempre saputo che i pensieri nascono a causa della mente, quindi non capisco perché presumo male. 

Inserita:
3 ore fa, Dstrange ha scritto:

Ma allora cosa ci fa pensare al di tutto che dici , spesa , euro mamma ecc, se non la mente?

Tu mi fai una domanda alla quale ho risposto davvero tantissime volte; però tu non hai risposto ad alcuna delle mie. Se ci avessi almeno provato, avresti visto, certissimamente, che le risposte non potevano non confermare le mie ovvietà. Giacché, la cosa curiosa di questo discutere è che sto sostenendo delle ovvietà, non c'è nulla di “filosofico”, nel senso cabarettistico del termine, nel mio parlare, non faccio uso di termini ampollosi, come i filosofi tutta cattedra e distintivo. Per sostenere le mie tesi, argomentarle in tutti i modi possibili, scrivo delle lenzuolate; in risposta non ho nulla che entri nel merito delle domande da me poste, ma quattro righe che pongono questioni già trattate e ritrattate. Per carità, non sto dicendo che lo fai apposta, ma che, sicuramente, la comunicazione si inceppa in qualche punto; ma, da parte mia, non vedo dove.

Come che sia, anche se ho già risposto, non ho difficoltà a farlo di nuovo.

Punto primo, stato A: non sono in attività, ergo, salvo che non soffra di Parkinson, ossia non sia forzato a compiere movimenti coatti, permango in quiete. Se decido, volontariamente, di interrompere lo stato di quiete, per passeggiare, mi metto in moto e passeggio (stato B). Finisce la passeggiata, ritorno a casa e passo allo stato A.

Secondo punto: pur se nello stato A non sono in attività, il fatto che sia possibile passare, volontariamente, allo stato B, implica, tautologicamente, che B sia possibile. Se passo dallo stato A allo stato B, evidentemente è possibile farlo, salvo non sia paralizzato. Come vedi, enuncio ovvietà, impossibile non convenire.  

Punto terzo, stato A1, la mente non è in attività, non pensa, non ha né da comunicare, né da, speculare, ergo, permane in una condizione non elaborativa di astrazioni linguistiche. Cosa abbiamo appena detto? Che A1 esclude la condizione elaborativa, giacché non si può essere e non essere in attività allo stesso tempo. Chiaro?

Ma se non lo penso, il mondo svanisce, smetto di percepirlo, smetto di sapere che c'è? Cogito ergo sum, oppure sum ergo cogito? Fosse il primo caso, dovrei cessare di essere al non pensare che sia.

Punto quarto, sorge, qui non importa come, la deliberazione di comunicare o speculare; per farlo, la mente deve necessariamente passare allo stato B1, ossia, passare alla modalità elaborativa, speculativa, linguistica, astrattiva. Tuttavia, se una volta sorta questa deliberazione, io perdo la disponibilità di permanere o meno nello stato di quiete mentale, allora, con ogni evidenza, ho perso la mia libertà. Sono una marionetta, in balia di pulsioni che mi muovono e manipolano. Sono come quel tipo del caso B, che rientrando a casa dalla passeggiata, e cercando di tornate allo stato A (quiete), si stira sul letto, ma seguita a fare mulinare le gambe. Come definiresti un simile comportamento, Dstrange? E in cosa differisce dalla condizione di chi non riesce  smettere di pensare, anche se non ha nulla a cui dover pensare?

Mi scrivi:

Ho sempre saputo che i pensieri nascono a causa della mente

La Mente non causa i pensieri, come se i pensieri fossero l’effetto e la Mente la causa. I pensieri sorgono dal campo mentale, così come i fiori sorgono dai campi di terra; distinzione basilare, da comprendere, meditare, poi rielaborare e rimeditare. I fiori sono una possibilità del campo, date certe condizioni di equilibrio dell’ecosistema. In altri termini, i fiori sono il campo, sotto un dato rapporto di tempo e spazio (cicli stagionali, attività solare, ecc…). Ne sorgono, più o meno, quanti e quali, rispondono all’equilibrio intrinseco a quel sistema. E qui finisce l’analogia tra la campo mentale e campo di zolle; giacché essa, la mente (minuscolo, individuale), seppure è una individuazione, particolare e finita della Mente Universale, si definisce in rapporto a tutto quel sistema di echi che è la sua cultura, e alle altre menti. L’ecologia del sistema, quella che oggi si chiama la sua fitness, nel caso del sorgere/spuntare dei fiori, in assenza dell’intervento artificiale umano, sono massime. Equilibrio perfetto. Lo stesso non si può dire per il sorgere dei pensieri in una mente individuale, che è determinato da due fattori critici: il primo l’artificialità intrinseca ad ogni costrutto culturale, unito all’irrazionalità di moltissimi di questi (costrutti). Il secondo, è la totale passività delle menti scolarmente e socialmente condizionate, nei confronti degli apporti (input) della comunicazione sociale. Venendo a bomba a noi, il principale di questi costrutti, quello da cui derivano tutti gli altri, è volto a radicare la convinzione che, parafrasando Wittgenstein (e il suo madornale errore), i limiti del linguaggio sono i limiti della mia esperienza e della mia cognizione. Ma questo, "che i limiti del linguaggio sono i limiti della mia esperienza e della mia cognizione", è un costrutto culturale artificiale, tra miriadi di altri costrutti culturali; il diecimillesimo o centomillesimo piano di questa colossale piramide di astrazioni che è la cultura nel suo insieme.

Mi si potrebbe obiettare che, dato che sto parlando, e quindi sto a mia volta facendo uso di astrazioni, sono di perciò stesso in contraddizione. Spiacente, chi mi dovesse muovere questa obiezione mostrerebbe solo la sua pertinacia nel seguitare a non capire. Quello che sto facendo io, è parente strettissimo di ciò che il maestro Zen fa nei confronti dei suoi allievi. Uso il linguaggio contro se stesso, o meglio, allo scopo di mostrarne i limiti e le trappole; per evidenziare le sue antinomie, e porre in evidenza le conseguenze, in termini di salute mentale, del seguitare a ronfare.

Molto spesso, vedi il Maestro Lin Chi e altri, nei confronti dei discepoli più tardi, non esitavano a usare metodi spicci, come il bastone, e simili scorciatoie. Io non posso farlo, per due ragioni: primo, non sono un maestro (né, per carità, intendo esserlo). Secondo, non vorrei essere bannato…😊

 

   

 

 

Inserita:
5 ore fa, Satori ha scritto:

Quanto mi scrivi, ed il silenzio attonito di J-J, mi fa capire che il potere ipnoide delle parole è ancora maggiore di quanto io stesso vado scrivendo

Mi sembrava giusto lasciare spazio anche ad altri graditissimi ospiti che ogni tanto si affacciano a questa bella finestra.
Tralasciando la battuta ironica rivolta a Dstrange (se questa discussione fosse una lezione scolastica, Dstrange  sarebbe il mio compagno di banco), per quanto mi riguarda possiamo proseguire. Ho capito tutto fino a qua.. non posso bere la parola acqua.
Avanti tutta, direzione Biglino!

Inserita:
1 ora fa, jackjoliet ha scritto:

Avanti tutta, direzione Biglino!

Non lo merito!

Eppure, credimi, sapevo per certo che ad un certo punto sarebbe saltato fuori un paragone, per me davvero mortificante, con Biglino. In questa discusione io non faccio esegesi, ma, prevalentemente, logica. la logica non si discute, non si interpreta; o se ne conoscono le regole, oppure le si studia, oppure si tace.

Neppure nel caso della mia risposta a Rafelnikov, in riferimento a Giovanni 1,14, ho fatto esegesi. Ho mostrato a chi ha una conoscenza del latino da secondo ginnasio, un plurisecolare, e madornale, errore di traduzione, il quale cambia completamente il senso dell'Incarnazione. Si tratta di grammatica, non di semantica, l'ovvia storpiatura esegetica ne deriva, poi, come conseguenza. Non ha nulla a che vedere con il fantaebraico di Biglino. Ho messo sotto gli occhi di tutti l'errore di scambiare un accusativo con un ablativo, e un complemento di stato in luogo con un altro. Grammatica elementare. Per dirla tutta, di questo errore, ed altri minori, ne sono a conoscenza da anni, e non mi era importato mai più di tanto parlarne, se non privatamente. Di una cosa così, sempre per dirla tutta, se ne dovrebbe parlare in sedi meno estemporanee di questa (rispettabilissima). Ancora per dirla tutta, che se ne parli o meno, I don't give a damn; ossia, non me ne importa una tostissima mazza.

E comunque, essere accostato, anche spero solo per scherzo, a Biglino, non lo merito.

1 ora fa, jackjoliet ha scritto:

Ho capito tutto fino a qua.. non posso bere la parola acqua.

Se davvero hai capito questo, se altri che seguono lo hanno capito (davvero), allora questa specifica discussione ha raggiunto il suo obiettivo. E da adesso stesso, il mondo non sarà più lo stesso. 

Sempre che davvero si sia capito.

Inserita:

Non era mia intenzione accostarti a nessuno, volevo semplicemente riprendere il filo discorso che iniziato parlando appunto, degli errori di Biglino e le due questioni da me poste. Quindi, se fino a qui era la premessa, avanti tutta Satori!
 

Il 12/3/2020 alle 00:13 , jackjoliet ha scritto:

1) Nessun testo Sacro, proprio in virtù della sua natura, può essere reso alla lettera, in una lingua diversa da quella in cui fu rivelato

Questa cosa la capirei se, provando a tradurre alla lettera, ne venisse fuori solo un farfuglìo di parole accoppiate a muzzu.. ecco in quel caso mi sarebbe evidente che è impossibile rendere alla lettera quel determinato testo.

2) non capisco perché i due tipi di approccio debbano escludersi a vicenda

 

Inserita:
10 ore fa, jackjoliet ha scritto:

Mi sembrava giusto lasciare spazio anche ad altri graditissimi ospiti che ogni tanto si affacciano a questa bella finestra.
Tralasciando la battuta ironica rivolta a Dstrange (se questa discussione fosse una lezione scolastica, Dstrange  sarebbe il mio compagno di banco), per quanto mi riguarda possiamo proseguire. Ho capito tutto fino a qua.. non posso bere la parola acqua.
Avanti tutta, direzione Biglino!

Grazie J-J , avevo recepito l'ironia del tuo post precedente ma ti ringrazio per averlo sottolineato, e certamente, fossimo a scuola mi farebbe piacere avere un compagno di banco come te e magari un prof come Satori a tirarci  le orecchie 😄 . Ma purtroppo i tempi della scuola sono ormai un lontano ricordo. 

 

@Satori

Vorrei poter dire che il tuo ultimo post l'ho compreso davvero ma l'ho compreso molto bene solo in senso letterale. Vedo anche che è emersa la Mente (con la m maiuscola) e la mente individuale, e probabilmente qui sta l'inghippo.

11 ore fa, Satori ha scritto:

Punto terzo, stato A1, la mente non è in attività, non pensa, non ha né da comunicare, né da, speculare, ergo, permane in una condizione non elaborativa di astrazioni linguistiche

Ecco, lo stato A1 . Come può esistere uno stato del genere ? una mente individuale ( in stato di veglia) che non pensa a nulla, non elabora nulla, seppur pensieri stupidi è impossibile quietare la mente, uscire dal campo mentale (minuscolo) Per questo prima l'ho associato al padrone totalizzante. 

 

 

12 ore fa, Satori ha scritto:

I fiori sono una possibilità del campo, date certe condizioni di equilibrio dell’ecosistema. In altri termini, i fiori sono il campo, sotto un dato rapporto di tempo e spazio (cicli stagionali, attività solare, ecc…). Ne sorgono, più o meno, quanti e quali, rispondono all’equilibrio intrinseco a quel sistema. E qui finisce l’analogia tra la campo mentale e campo di zolle; giacché essa, la mente (minuscolo, individuale), seppure è una individuazione, particolare e finita della Mente Universale, si definisce in rapporto a tutto quel sistema di echi che è la sua cultura, e alle altre menti. L’ecologia del sistema, quella che oggi si chiama la sua fitness, nel caso del sorgere/spuntare dei fiori, in assenza dell’intervento artificiale umano, sono massime. Equilibrio perfetto

Per analogia si potrebbe anche dire che cosi come, (ciò di cui ho citato qui sopra ... ). I pensieri , (la qualità la quantità ecc.) sono una possibilità del "campo" in certe condizioni ,dove per campo si può intendere come siamo fatti biologicamente, il contesto sociale  e culturale e il tempo in cui individualmente ci troviamo, ergo i pensieri siamo noi. Siamo quello che pensiamo (l'ho già sentita :-).

 

12 ore fa, Satori ha scritto:

L’ecologia del sistema, quella che oggi si chiama la sua fitness, nel caso del sorgere/spuntare dei fiori, in assenza dell’intervento artificiale umano, sono massime. Equilibrio perfetto. Lo stesso non si può dire per il sorgere dei pensieri in una mente individuale, che è determinato da due fattori critici: il primo l’artificialità intrinseca ad ogni costrutto culturale, unito all’irrazionalità di moltissimi di questi (costrutti).

Ora presupponendo, come dici,  che in assenza dell'intervento artificiale umano l'ecologia del sistema ha un equilibrio perfetto, lo stesso non può accadere per il sorgere dei pensieri per 2 fattori , il secondo l'ho capito, il primo no. L'artificialità intrinseca ad ogni costrutto culturale unito all'irrazionalità di questi

 

@ J-J

ho l'impressione che Biglino sta ai testi Sacri come noi stiamo ai post di Satori 😅 Scusa se ti ho tirato in ballo di nuovo  e ingiustamente probabilmente, ma è per non sentirmi solo.

Inserita:

Alcuni rilievi proposti da Dstrange nel suo ultimo post, fanno segnare alla discussione un salto di livello. Di J-J, al momento taccio, sappia egli che lo vedo bene, rannicchiato nella sua paleo greca  penombra etnea, a posteggiare sul Forum, dal fondo del suo sorriso di gatto (che ben ricordo).

Proseguiamo.

Dstrange mi chiede chiarimenti circa il punto dell’artificiosità della cultura umana; e della, nella maggior parte dei casi, irrazionalità dei suoi costrutti. Chiede anche in cosa consista la differenza tra il campo mentale (da cui sorgono pensieri) e quello di terra da cui sorgono i fiori. Infine, ma in realtà argomento più importante di tutti, chiede: “Ecco, lo stato A1 . Come può esistere uno stato del genere? una mente individuale (in stato di veglia) che non pensa a nulla, non elabora nulla, seppur pensieri stupidi è impossibile quietare la mente, uscire dal campo mentale (minuscolo)”.

Prima di rispondere, vorrei sapere se ho capito bene.

Per intanto, in attesa di risposta, do testimonianza che lo stato A1, chiamato in vari modi da ogni cultura (Dhyana in Sanscrito; Wu Shin in Cinese; Satori o Mu, in Giapponese; Lumen Gloriae, nel Latino della mistica medioevale; ed in molti altri modi, trattandosi di una possibilità umana generale) esiste. Lo affermo perché lo so due volte; lo so con la mente (individuale), che adesso scrive; e lo so (riportandolo nei termini delle menti individuali, ossia linguisticamente) dalla Mente e basta; la Mente senza attributi, senza singolare e plurale, senza tempo e senza spazio, senza determinazioni e senza qualità, nomi, forma.

Al momento, vorrei sapere se ho capito bene ciò che mi chiede Dstrange.

 

 

   

 

 

Inserita:

Nel mentre, falsità ladroneccio e simonia, ruffian baratti e simili lordure (Dante, Inferno, da qualche parte).

 

Circa quattro mesi fa, o forse prima ancora, come riporta Il Corriere della Sera, in data 06-12-2019, il più grande Fondo di Investimenti mondiale, Bridgewater, “prevede” un crollo del mercato Borsistico, esattamente per il Marzo 2020. Come abbia fatto a prevederlo, nessuno lo sa. Non c’è un solo indice, nell’economia reale e nella pseudo economia finanziaria che possa indurre a una simile previsione. Il solo strumento che possa portare ad approntare un piano di vendite allo scoperto (vedi i particolari nell’articolo), in un momento di crescita, nel quale perfino la Federal Reserve è ottimista, è la chiaroveggenza!

Per vie preternaturali, gli analisti del Bridgewater e di Goldman Sachs, hanno acquisito informazioni a seguito delle quali hanno predisposto un piano di vendite allo scoperto, esattamente per la data in cui il mercato borsistico è crollato.

La chiaroveggenza chi ce l’ha se la tiene, ovviamente. Ma le singolarità non finiscono qui. Allo scoppio della crisi, il Governo PD-M5S, sigilla militarmente l’Italia (mentre tutti i media mainstream, a reti unificate, trasmettono bollettini apocalittici), ad eccezione di due fronti:

1°, i porti, aperti come sempre;

2°, qui, incommentabile, lasciano aperta la Borsa!!!

Tralascio il punto 1. La non chiusura della Borsa, in una situazione di emergenza quale che sia, come si insegna nelle prime lezioni di economia finanziaria, è musica e miele per i ribassisti allo scoperto; ed infatti, Piazza Affari ha subito, finora, un crollo catastrofico di altre il 30%.   

Chi ci ha guadagnato?

 

 

 

   

Inserita: (modificato)
4 ore fa, Satori ha scritto:

Alcuni rilievi proposti da Dstrange nel suo ultimo post, fanno segnare alla discussione un salto di livello. Di J-J, al momento taccio, sappia egli che lo vedo bene, rannicchiato nella sua paleo greca  penombra etnea, a posteggiare sul Forum, dal fondo del suo sorriso di gatto (che ben ricordo).

 

Proseguiamo.

 

Dstrange mi chiede chiarimenti circa il punto dell’artificiosità della cultura umana; e della, nella maggior parte dei casi, irrazionalità dei suoi costrutti. Chiede anche in cosa consista la differenza tra il campo mentale (da cui sorgono pensieri) e quello di terra da cui sorgono i fiori. Infine, ma in realtà argomento più importante di tutti, chiede: “Ecco, lo stato A1 . Come può esistere uno stato del genere? una mente individuale (in stato di veglia) che non pensa a nulla, non elabora nulla, seppur pensieri stupidi è impossibile quietare la mente, uscire dal campo mentale (minuscolo)”.

 

Prima di rispondere, vorrei sapere se ho capito bene.

 

Per intanto, in attesa di risposta, do testimonianza che lo stato A1, chiamato in vari modi da ogni cultura (Dhyana in Sanscrito; Wu Shin in Cinese; Satori o Mu, in Giapponese; Lumen Gloriae, nel Latino della mistica medioevale; ed in molti altri modi, trattandosi di una possibilità umana generale) esiste. Lo affermo perché lo so due volte; lo so con la mente (individuale), che adesso scrive; e lo so (riportandolo nei termini delle menti individuali, ossia linguisticamente) dalla Mente e basta; la Mente senza attributi, senza singolare e plurale, senza tempo e senza spazio, senza determinazioni e senza qualità, nomi, forma.

 

Al momento, vorrei sapere se ho capito bene ciò che mi chiede Dstrange.

 

 

 

 

 

   

E' esattamente quello che chiedo .

Riguardo la borsa aggiungo che non si sono degnati nemmeno di proibire le vendite allo scoperto, cosa che è accaduta solo nella giornata di venerdi. Consentendo di speculare sulla tragedia umana, a prescindere dal fatto che sia reale o pompata. Questi non hanno un briciolo di moralità. 

Modificato: da Dstrange
Inserita:

Ottimo.

Ho pensato di approfondire, e dare una risposta, spero, definitiva, alla questione A1, inviando ai due utenti che partecipano attivamente alla discussione (Dstrange e J-J), un estratto di uno dei miei scritti privati e personali, che, per ragioni che riguardano solo me, non ho valutato di pubblicare nel circuito editoriale. Questo estratto sviluppa proprio il tema A1, che è un po' il nocciolo duro di questo attuale nostro parlare. Inserita questa tessera, le altre andranno al loro posto con facilità.

Per non fare torto a nessuno, nel caso in cui altri utenti che seguono passivamente la discussione desiderino leggere lo stesso testo, possono farmene richiesta qui, in questa medesima discussione. In tale caso, farò  avere l'estratto all'eventuale richiedente, nella sezione privata del Forum.

Ad ogni modo, chiedo a Dstrange, J-J, ed altri eventuali, di considerare il testo alla stregua di una corrispondenza privata e personale.

Alle altre questioni poste da Dstrange risponderò domani, spero.

  • Like 1
Inserita:

Una delle questioni poste da Dstrange è una variante del tema centrale del rapporto tra natura e cultura. Questo tema, giusto per indicarne la complessità, è considerato dalla prospettiva di discipline molto diverse, come la sociologia, l’antropologia, la filosofia, ed in misura minore, l’ecologia, l’etologia: sempre che non dimentichi qualcosa.

Pensare che una cosa del genere possa trovare una soluzione, se non definitiva, almeno convincente, in questa sede, è pensare male.

Il solo metodo che porta ad una vera conoscenza consiste, prima di tutto, nel capire, esattamente, cosa si vuole conoscere. Prima di questo, e come condizione alla fondatezza di questo, si tratta di aver chiari quali sono i principi del conoscere. E prima ancora, occorre essere certi di sapere cosa si intende, esattamente, per “conoscere”. Qui sorgono i primi problemi. Tutti, ma proprio tutti, sanno cosa vuol dire mangiare: 1°, inserire qualcosa (si spera cibo) in bocca; 2°, masticare; 3° ingollare.

Ma per “conoscere” non è la stessa cosa. Andiamo per le spicce, e cerchiamo una definizione di conoscere sul dizionario. La più comune è questa (Treccani): “Nel significato più ampio e filosofico, apprendere e ritenere nella mente una nozione. Nell’uso ha però un più concreto valore semantico, e può indicare i varî gradi della conoscenza, dall’iniziale percezione dell’esistenza di una cosa alla cognizione piena del suo essere, dei suoi modi e qualità”. Uno che è abituato a pensare poco e pensare male, a questo punto si ritiene soddisfatto, e dice a se stesso: bene, ora so cosa vuol dire conoscere. Ma sbaglia, in realtà sì è perso in un gioco di parole. Ecco perché. Sapevano già che “conoscere” vuol dire ritenere a mente una nozione; e Treccani, per definizione di “conoscere” ci propone “apprendere” (e ritenere a mente). Ma ora, per verificare se abbiamo capito, cerchiamo la definizione di “apprendere”, e, con un palmo di naso, vediamo che è (sempre Treccani):    1. a. Ricevere e ritenere nella mente, imparare: a. cognizioni nuove; a. un’arte; è un ragazzo che non apprende nulla. b. Venire a conoscere”. Cos’è successo? Siamo dentro una tautologia, ossia (definizione di tautologia):   

1°, Definizione illusoria, che ripropone in termini solo formalmente diversi l'enunciazione di quanto dovrebbe costituire oggetto di spiegazione o di svolgimento.

 

2°, Nella logica formale classica, proposizione che, volendo definire qualche oggetto o concetto, non faccia altro che ripetere sul predicato quanto è già detto sul soggetto (per es.: civismo è il senso civico).

Siamo cascati, quindi, dentro un non senso, una definizione che non definisce, un predicato che non ci porta alcuna informazione sul soggetto. Sappiamo solo che conoscere = conoscere; ma la lezione più importante è questa. Senza questo chiarimento, saremmo stati certi di sapere cosa volesse dire “conoscere”, ed invece siamo esattamente al punto di partenza, e questo perché ci siamo persi tra le pieghe spettrali del linguaggio, la maggior parte dei contenuti del quale (proprio come per il caso appena mostrato) è fatta proprio di fantasmi del genere.

 

Tu e J-J sostenevate che concepire un mondo extralinguistico è impossibile, ed io vi ho appena dimostrato come, in questo classico caso di scuola (ma pure in tantissimissimi altri), la rappresentazione linguistica del mondo crea solo spettri.

Avete voglia di pensarci un po’?

 

Altra questione. J-J, un po’ come se gli fosse stato tirato fuori con le tenaglie, ha ammesso (grazie, J-J) che sì, non si può bere la parola acqua. Ma allora, anche limitando la questione alla mera sfera biologica, qual è valore primario ed incommensurabile, la rappresentazione simbolica di … (acqua), oppure …(la cosa che si beve)? Pensa quanto gliene importa a tutte le specie di terra di aria e di acqua, che la cosa principale che li tiene in vita è chiamata in vari modi da una ed una sola specie!

A che porta tutto questo? Semplicissimo. Qualsiasi cosa sia o natura e cultura, la prima era prima che qualsiasi cultura fosse; e sarà dopo che l’ultima cultura si sarà estinta.

 

Prima sintesi. Noi siamo la sola specie (conosciuta) in cui natura e cultura coesistono, ed anzi, si potrebbe dire che questa specie è naturalmente culturale. La questione vera, per chiunque non sia un bruto e ami almeno i propri figli e se stesso, è capire che, se non si riesce ad essere culturalmente naturali, la fine di ogni cultura è imminente.

Corollario: sarà impossibile qualsiasi ecologia in un mondo con presenza antropica, se l’antropos/uomo, proprio per essere naturalmente culturale, non coltiverà, come precondizione ad ogni azione, una retta ecologia della mente. Che un modo per definire “filosofia”, in senso vero, platonico.

 

Spero che queste righe abbiamo apportato spunti e chiarimenti.

 

To be continued…   

    

 

 

 

Inserita:

fin qui per me quasi tutto chiaro, quindi avanti tutta  verso l'ambito obiettivo: retta ecologia della mente

eventualmente porrò le mie obiezioni più avanti

 

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